Studio Cantelli · Drisaldi

Gennaio 26, 2021

APPALTI PUBBLICI – Il Consiglio di Stato si pronuncia sul sindacato di legittimità dell’atto che constata la congruità dell’offerta

La vicenda, oggetto della recente sentenza n. 359/2021 del Consiglio di Stato, trae origine dal ricorso presentato avanti al Tar Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma avverso un provvedimento di aggiudicazione di gara d’appalto con il quale la società seconda classificata aveva lamentato l’erroneità di alcuni segmenti valutativi (costo del personale, valore dei pezzi di ricambio e mezzi d’opera) del giudizio di verifica della sostenibilità economica dell’offerta dell’aggiudicataria svolto dal Team di Valutazione della Stazione Appaltante.

Nel giudizio avanti al Tar si costituivano la Stazione Appaltante e la società aggiudicataria eccependo sia l’inammissibilità del ricorso in forza del principio secondo cui il giudizio sull’anomalia delle offerte è ampiamente discrezionale e sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza o palese inattendibilità, con esclusione di ogni autonoma verifica della congruità da parte del giudice amministrativo, sia la sua infondatezza nel merito, atteso che la valutazione della sostenibilità economica dell’offerta della controinteressata effettuata dalla Stazione Appaltante era stata scrupolosa, approfondita, ed il giudizio reso al termine del procedimento era stato esaustivamente motivato, non essendo dato rinvenire nel caso di specie alcuno dei vizi tipici che, solo se sussistenti, avrebbero legittimato l’intervento del Giudice.

Il Tar Parma accoglieva il ricorso dichiarandolo ammissibile e fondato, rilevando profili di lacunosità del procedimento di verifica dell’anomalia ed un carente approfondimento istruttorio da parte della Stazione Appaltante, ritenendo che l’offerta formulata fosse incongrua oltre che non giustificata relativamente alla marginalità indicata dall’aggiudicataria che le sarebbe derivata dallo svolgimento di attività collaterali alla commessa, permesse dal disciplinare di gara e dalla stessa già compiute in passato, le quali avrebbero consentito di assorbire le sottostime dei costi del personale.  

La pronuncia veniva impugnata avanti al Consiglio di Stato che con sentenza n. 359/2021 pubblicata in data 11/01/2021, ha accolto l’appello condividendo i motivi di gravame proposti dalla Stazione Appaltante e dalla società controinteressata.

Con la sentenza in esame, i Giudici di Palazzo Spada, sono tornati a pronunciarsi in materia di sindacato di legittimità dell’atto che constata la congruità dell’offerta, ribadendo preliminarmente i seguenti principi:

  1. il sindacato del giudice amministrativo sull’esercizio dell’attività valutativa della Commissione giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione, in quanto la valutazione delle offerte rientra nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla Commissione (ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 2 settembre 2019, n. 6058);
  2. le censure che attingono il merito di tale valutazione sono inammissibili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutivo, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica (cfr. tra le più recenti, Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2019, n. 173; Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2018, n. 6572);
  3. per sconfessare il giudizio della Commissione giudicatrice non è sufficiente evidenziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inattendibilità e l’evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto (Cons. Stato, Sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694);
  4. nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica il giudizio sull’anomalia dell’offerta presuppone una valutazione globale e sintetica sulla complessiva affidabilità della stessa con la conseguenza che sono consentite compensazioni tra sottostime e sovrastime di talune voci dell’offerta economica, senza che ciò determini una modifica del punctum individuationis dell’offerta. (Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2020, n. 6334; Sez. V, 16 gennaio 2015, n. 84).

Muovendo da tali premesse, il Consiglio di Stato ha dunque accolto l’appello ritenendo che i motivi articolati dal ricorrente in primo grado fossero:

– inammissibili, in quanto realizzavano una valutazione di incongruità dell’offerta risultata vincitrice, valorizzando singoli elementi e singole voci di costo di quest’ultima, senza tenere conto di tutti i possibili guadagni scaturenti dell’esecuzione dell’appalto che l’impresa aggiudicataria aveva indicato per sostenere la congruità della sua offerta. Sotto questo profilo, il Consiglio di Stato ha evidenziato come dagli atti processuali emergesse che la Stazione Appaltante, nel corso del sub-procedimento di verifica di anomalia dell’offerta, aveva correttamente ritenuto congrua quella presentata dall’aggiudicataria, valorizzando, tra l’altro, il possibile ricavo derivante da attività collaterali alla commessa che già nella gestione passata, l’aggiudicataria aveva proficuamente compiuto, ricavando una somma analoga a quella indicata. Sul punto, i Giudici della Quarta Sezione hanno concluso che “l’aver adoperato una valutazione prognostica, elaborata partendo da un dato del passato, sufficientemente comprovato, costituisce espressione della discrezionalità tecnica della stazione appaltante, che si è espressa, nel caso in esame e a giudizio di questo Collegio, senza che possano dirsi ricorrenti quei vizi di manifesta irragionevolezza o palese difetto dei presupposti o dell’istruttoria che sono necessari perché si possa addivenire, ammissibilmente e fondatamente, ad una declaratoria di illegittimità”;

– infondati alla luce dell’istruttoria svolta in quanto, a giudizio del Collegio, la Stazione Appaltante aveva dato ampiamente conto delle motivazioni per le quali l’offerta dovesse reputarsi congrua, indicando per ciascun elemento valutato i documenti a sostegno della decisione assunta, evidenziando come costituisca principio consolidato quello secondo cui “la valutazione positiva di congruità dell’offerta presentata dall’impresa, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, non richiede un particolare onere motivazionale (Cons. Stato, Sez. III, 30 luglio 2020, n. 4848; Sez. V, 30 aprile 2020, n. 2761; Sez. III, 13 settembre 2018, n. 5378; Sez. V, 27 luglio 2017, n. 3702; Sez. V, 25 ottobre 2017, n. 4912; Sez. V, 13 settembre 2016, n. 3855)”.

Alla luce di ciò, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza impugnata, concludendo che: “Sindacando come incongruo e viziato per eccesso di potere il giudizio tecnico espresso dalla stazione appaltante, il T.a.r. ha dunque travalicato, effettivamente, il margine di apprezzamento che è consentito al Giudice amministrativo, invadendo la sfera di merito dell’apprezzamento tecnico rimesso all’amministrazione” e che “l’atto con il quale la stazione appaltante ha ritenuto congrua l’offerta risulta adeguatamente motivato, quantomeno con riferimento alla circostanza messa in risalto: la sussistenza di un plausibile e adeguato margine di utile per l’impresa offerente, derivante dalla vendita dei cassonetti, permessa dalla legge di gara e già effettuata, proficuamente, in passato”.